Tra molte risate e parole in dialetto, è trascorsa l’intervista con Carla Zavalloni. Anche se il luogo non è generalmente il massimo dell’allegria – lo studio dentistico di Carla – questa simpaticissima romagnola ha voluto raccontarci tra un lavoro e l’altro la “epopea” della sua famiglia.
Suo padre, Romolo Zavalloni, è nato nel
Tutto scorre normale nella vita di Romolo Zavalloni, che si sposa e completa la famiglia con la nascita di una bella figlia. Ma, come potete immaginare, gli Zavalloni vanno incontro allo stesso destino che ha accomunato tante famiglie italiane del Novecento. La loro vita cambia nell’arco di circa tredici anni. Il loro avventato sogno di comprare una nuova casa in Italia e la necessità di guadagnare soldi sufficienti per realizzarlo, porta tutta la famiglia in Africa, nella colonia italiana di Eritrea. Una terra esotica, caratterizzata da una natura selvaggia e dalla miscela culturale tra occidente e oriente.
Romolo Zavalloni e la moglie lavorano duramente per cinque anni. Il continente africano con i suoi tramonti di incredibile bellezza, porta con sé la dualità degli spettacolari giochi di luce e ombre, che riproducono la dualità della vita, il passaggio dalla gioia, come la nascita in Eritrea di un nuovo figlio, alla tristezza, come l’inizio della seconda guerra mondiale.
La guerra cancella in un attimo i cinque anni di sacrifici spazzando via dalla vita degli Zavalloni il sogno di felicità. Nel
In Italia, durante la guerra, il lavoro non c’è. Naturalmente. Si cerca di fare qualsiasi cosa pur di sopravvivere. In quegli anni la sfortuna sembra aver preso di mira gli Zavalloni: in sette anni Romolo non riesce a garantire decenti condizioni di vita ai suoi. Non resta che affrontare un altro viaggio, emigrando verso una terra capace – questa – da più di mezzo secolo di offrire ospitalità ai popoli dell’Europa e dell’Asia e, fra loro, a milioni di italiani. Il Brasile.
Questa volta, Romolo Zavalloni parte solo, senza portarsi dietro la famiglia. La moglie e i figli lo raggiungono a Santos l’anno dopo. Carla Zavalloni nasce nel breve soggiorno di ritorno a Cesena. Un episodio mai dimenticato dalla sua mamma accadde appena sbarcati in Brasile e capitati nel bel mezzo della festa di San Giovanni. La mamma si spaventò nel sentire i fuochi d’artificio, pensando si trattasse di colpi d’arma sparati da ribelli in azione di guerriglia. Passata la paura, il grido liberatorio: “finalmente in Brasile!”.
Già nei primi anni Romolo fece nuove amicizie, principalmente con i membri della numerosa comunità italiana di San Paolo. Il suo primo lavoro consiste nel realizzare gli imballaggi di cartone degli apparecchi radio. Poi la sua vocazione per la falegnameria lo spinge ad aprire un negozio tutto suo, la “Bottega Palmeiras”, che prende il nome da una squadra di calcio di San Paolo, fondata dagli emigrati italiani, diventata subito la sua passione. Era talmente tifoso che seguiva la sua squadra non solo in Brasile ma anche in Argentina. La sua bottega è tutta dipinta di verde, il colore della squadra, ed esibisce all’interno i poster dei giocatori e i campionati vinti. Le sue due più grandi passioni: il calcio e ancora l’Italia.
La vita in Brasile di Romolo Zavalloni comprende anche momenti di nostalgia per la sua terra abbandonata. Partecipa a tutti gli eventi della comunità italiana nel Palazzo Italia – simbolo della comunità italiana –, diventa membro del Circolo dell’Emilia-Romagna e va a tutti gli incontri dei Bersaglieri, il gruppo militare di cui faceva parte in Italia e che è sempre stato il suo orgoglio. Partecipa a ogni adunata dei Bersaglieri all’estero, come rappresentante del Brasile. E la sua pupilla, la piccola Carla Zavalloni, è sempre la sua compagna di avventure.
Ma la vita di Romolo non sarebbe stata completa senza il viaggio per rivedere la terra natale. Avviene negli anni Settanta, quando la famiglia Zavalloni finalmente è riuscita a trovare pace e stabilità. I figli avevano trovato a San Paolo l’ambiente ideale per crescere, studiare e creare le proprie famiglie: è in questo clima di serenità che Romolo torna in Italia due volte.
Lo fa per visitare la sua città, rincontrare gli amici, soddisfare quella “saudade” che colpisce, con il passare degli anni, l’emigrato.
Il soggiorno a Cesena, forse per la distanza dal Brasile o forse per il ritrovamento dei luoghi e degli affetti della giovinezza, dà a Romolo l’opportunità di fare il bilancio della propria vita. Una vita onesta e leale, che non ha mai abdicato ai propri principi.
Negli anni Novanta, scomparso Romolo, é il momento della figlia Carla di calpestare il suolo della città natale, conosciuta solo attraverso le fotografie e i racconti della famiglia. Nel momento in cui l’automobile su cui viaggia lascia il territorio francese per entrare in Italia, sente una forte emozione, capisce il significato della parola “radici”.
Per Carla, questo viaggio è anche la scoperta di una identità culturale che appartiene a lei come a tutta l’umanità, perché l’eredità culturale dell’Italia è patrimonio di tutti. Bologna, Firenze, Roma, Venezia e tanti altri luoghi e città, ritornano spesso alla sua mente come un caleidoscopio di emozioni, ricordi e profumi, che è stato la culla dei suoi avi, e permeerà di sé anche i suoi figli, nipoti e pronipoti. Perché nulla sarà dimenticato.
Intervista raccolta da Danilo Pericoli, San Paolo.