15 gennaio 2011
Le musiche di questa puntata: Guido Sodo, Laibach, Lato B, Maurizio Parascandolo, Paolo Schianchi.
Musica. Guido Sodo: Sempre em frente.
Cari amici, benvenuti nell’anno nuovo. Come ci invita a fare la nuova canzone “portoghese” di Guido Sodo, musicista napoletano emigrato a Bologna, dobbiamo guardare “sempre em frente”, sempre avanti. Ma nel 2011 ricorre il 150° anniversario dell’Unità d’Italia: e quindi ci guardiamo anche indietro, per ritrovare il senso del nostro presente. Iniziamo allora il nuovo anno da Reggio Emilia, la città dov’è nata la bandiera italiana. Era il 7 gennaio 1797: i delegati della Repubblica Cispadana, infiammati dall’ascesa di Napoleone, si dettero convegno a Reggio, dove anche i rappresentanti di Modena, Bologna e Ferrara decretarono che il verde, il bianco e il rosso sarebbero stati i colori della loro bandiera. Nel 1861 il tricolore diventò la bandiera dell’Italia unita, e 150 anni dopo possiamo ben dire che le matrici del simbolo nazionale sono tutte emiliane. Andiamo allora a scoprire un disco abbastanza folle del collettivo sloveno Laibach, che nel 2006 ha reinterpretato gli inni nazionali di vari Paesi, tra cui quello italiano. Ci disturbano un po’ i mandolini finali, ma lasciamo a voi il giudizio.
Musica. Laibach: Italia.
È con piacere che passeggiamo per Reggio Emilia, una città che è l’essenza della “emilianità”, con le strade porticate e le piazze gioiello invase dai profumi del lambrusco, dell’aceto balsamico e del parmigiano-reggiano che escono dalle botteghe di alimentari. Con il Teatro Valli diventato il tempio della danza italiana, perché vi ha sede Aterballetto, una delle massime istituzioni nazionali, anzi europee, del genere. Con quel profilo di torri, campanili e cupole che gettano ombre sui tetti rossi, appena visibile dall’autostrada, oltre i ponti di Santiago Calatrava che svettano sulla pianura. E piazza Prampolini con la statua del fiume Crostolo, il duomo cinquecentesco, il mercatino all’ombra dell’ardita torre campanaria di San Prospero, le stradine dietro il rettifilo della via Emilia come via San Carlo, fanno sentire a casa il visitatore – un’alcova di buoni sapori, una casa materna dove si parla un musicale dialetto, salde cosce emiliane che ti stringono con zavattiniano ardore.
Ci serve una musica di queste parti e la troviamo nel rock della giovane band reggiana Lato B, formazione classica – voce, chitarre, tastiere, basso e batteria – per mettere insieme potenza del ritmo e testi cantautoriali nella tradizione reggiana che va da Augusto Daolio a Luciano Ligabue.
Musica. Lato B: Venere.
Fuori dal materno grembo urbano ci sono le pulsioni di una città e di una provincia che si sono riempite di stranieri attratti dalla vivace economia del territorio. Ci sono gli indiani sikh cui affidiamo le nostre mucche e la produzione del nostro formaggio, gli egiziani che faticano nelle fonderie, altri immigrati che si occupano dei maiali o lavorano nelle ceramiche. Qui si è formato il modello cooperativo, operaista, solidale e improntato all’efficienza nel lavoro, che ha fatto di Reggio Emilia la provincia più “rossa” d’Italia, ma anche quella dove – come nella saga guareschiana di Peppone e don Camillo – ateismo e cattolicesimo possono confrontarsi alla pari. Vive in provincia di Reggio Emilia, a San Martino in Rio, Maurizio Parascandolo, che tra un diploma in contrabbasso, uno in medicina naturale e l’attitudine a pensare per immagini, scrive canzoni come questo inno all’ecologia, terreno culturale dove forse oggi s’incontrano in chiave anticapitalistica il post-marxismo e il cattolicesimo progressista. Termini ancora pomposi, rispetto al semplice dolore per una pianta che muore.
Musica. Maurizio Parascandolo: Flora.
Siamo all’inizio di un nuovo anno e sono da poco terminati i riti del Natale. Reggio Emilia ci sembra il posto giusto per iniziare, tra le tante divagazioni musicali che il territorio ci offre, una riflessione. Partiamo dal significato del Natale. Giovanni Testori ha scritto che “il Natale è la nascita assoluta che benedice e consacra tutte le nascite”. E’ la storia della “incarnazione”: un dio – unico tra gli dei dell’antichità – ha deciso di nascere, di avere un inizio nel tempo (lui che per definizione è eterno) e dunque anche una fine, una morte, come tutti noi. Un dio ha voluto condividere la storia, la carne, con gli esseri umani, divenendo partecipe della condizione terrestre, fatta di caducità, di finitezza. La vita è riso e lacrime, salute e malattia, felicità e disperazione, amore e tradimento, rumore e silenzio, preghiera e tremore della carne, malvagità e bontà. Può un dio condividere tutto questo? E può l’uomo sentire l’inquietudine dell’assoluto? Ma si è fatto tardi e noi siamo all’archivio Berneri – Chessa di Reggio Emilia a spulciare documenti sugli anarchici e i libertari emiliano-romagnoli. Vogliamo capire le idee degli uomini che si fanno carne. Ma è tardi, chiudono i bar, andiamo in cerca di un ristorante. A Reggio si mangia bene, è sicuro. Vi lasciamo con un virtuoso della chitarra, un talento naturale nato in terra parmigiana, dunque qui vicino, un prodigio d’inventiva: Paolo Schianchi.
Musica. Paolo Schianchi: Koyunbaba.