6 ottobre 2012
Musiche di Lucio Dalla con testi di Roberto Roversi.
Musica. Lucio Dalla: Il coyote.
“La vita è fantasia, è coraggio, / è lotta dura con la voglia di inventare …”. Chissà, cari amici, se da qualche parte in cielo, o dove solo loro sanno, Lucio Dalla e Roberto Roversi stanno scrivendo insieme una canzone bella come Il coyote. Lucio si sarà finalmente rilassato, perché nella vita era stato un Nuvolari, “basso di statura / al di sotto del normale”, che correva, bruciava, senza neanche darsi il tempo di sbagliare: e sbagliare è importante, quando si fanno tante, troppe cose, lo ammoniva paternamente Roversi, per il quale Lucio provava un affetto filiale (lo chiamava “il mio guru”). E Lucio di errori ne aveva fatti molti: dopo il successo internazionale di Caruso, una canzone così perfetta che Roversi stesso quasi gli invidiava (“avrei voluto scriverla io”, disse), Dalla aveva proseguito una carriera piena di cose, dal pop al teatro, dalla regia di opere liriche alle apparizioni televisive, aumentando il successo commerciale ma perdendo via via smalto, con una sequenza di dischi sostanzialmente inutili, a parte qualche perla disseminata qui e là. Ma era giusto, raccontava Roversi, che il nostro sodalizio s’interrompesse, dopo che Lucio “si accorse che le cose che scriveva da solo vendevano cento volte più delle nostre”.
Musica. Lucio Dalla: Grippaggio.
Quel musicista piccoletto e barbuto andava nella libreria antiquaria del poeta amico di Pasolini, e grande poeta lui stesso, ne usciva con i testi scritti sui fogli e “li musicava così com’erano, senza cambiare una virgola”, ricordava Roversi. “Avrei musicato anche l’elenco del telefono, se l’avesse scritto Roversi”, diceva Lucio, che era di vent’anni più giovane. “Roversi mi ha insegnato cose ininsegnabili. Tirandomi da lontano delle freccine con la cerbottana, mi ha fatto capire delle cose che non avrei mai capito, né a scuola né da solo, né andando tre volte sul monte Sinai. Ho capito soprattutto l’organizzazione del pensiero della canzone, la parola, il segno, il senso, la forza”. Dalla comunque, dopo Automobili, abbandona il rigore della canzone civile così come l’aveva impostata Roversi, e cerca l’abbraccio di un pubblico più vasto. Un’auto targata TO è un esempio di canzone civile e politica, dedicata al tema dell’immigrazione e del saccheggio edilizio del territorio.
Musica. Lucio Dalla: Un’auto targata TO.
“Domando se ancora pioveva / la notte in cui re Teodorico è stato sepolto / nel fiume Busento / e se la notte pioveva campane o spavento / poi ho raggiunto l’America / l’America che è sempre lontana. Così i giorni scadono via / uguali / e albe uguali e tramonti veloci / le erbe scoppiano al morso di un insetto / gorghi d’acqua fremono nella gola degli uccelli sui rami / nere piume straziano nubi conficcate nell’aria / osservano i fiumi bruciare e le rive deserte / chiamare chiamare. Ah! Le canzoni di Dalla / un tempo s’alzavano dai prati / come trottole lanciate dai bambini. / Orsi risalire montagne / l’odore del pelo bagnato di neve e di miele / ombre di pellegrini con fiaccole / sui sentieri dei boschi / fra ossa di animali uccisi dal gelo impietoso / anche la natura è caduta prigioniera del sonno / nessuna primavera rasserena la voce delle fiabe / fra i tizzoni fradici d’inverno”. I versi che vi abbiamo letto sono tratti dalla parte terza de L’Italia sepolta sotto la neve, pubblicata da Roversi nel 1989. Sembra che a far innamorare Lucio Dalla delle parole di Roversi sia stato questo verso inserito ne La canzone di Orlando: “nevica sulla mia mano”. Se ci pensiamo, è bellissimo: “Nevica sulla mia mano / il mio cavallo è ormai lontano, / notte e nebbia negli occhi …”. Poche parole che stringono al cuore. E l’anser del ritornello, in cui sentite anche la voce di De Gregori – perché trasmettiamo la versione live finita nel disco Banana Republic – è l’oca selvatica invocata da Orlando, il protagonista del libro di Virginia Woolf del 1928.
Musica. Lucio Dalla e Francesco De Gregori: La canzone di Orlando.
“Si possono dimenticare i morti per sempre / Leggeri andavamo a braccio / i suoi capelli di fiamma disse sono sposata ho due figli / neppure un ritratto più, mi puoi capire / una gran voglia di vivere / questa città fa impazzire / La provincia fa morire / A notte ancora nella sua casa, fra i figli e il marito/ nella casa a mezz’aria / sui rami di un albero / fortunato di cristallo, verde. / Baciò me sulla bocca / perfida, e dolcemente, vicino alla porta / Tutto scomparso, assopito, scancellato, annegato / visi di uomini trapassati sbiancavano in polvere / non era vero più niente”. Questi versi sono tratti da “Le descrizioni in atto”. La cosa bella è che le parole di questa poesia potrebbero stare dentro una canzone, e viceversa. La cosa bella è l’insegnamento che Roversi ci ha lasciato, il suo breviario laico: “Il pensiero laico – ha scritto nel 2008 – è quello che pensa (che crede) che le cose parlano sorgendo dalla terra, non precipitando paurose, ammonenti dall’alto dei cieli. E inoltre è quello che pensa, e ascolta, che gli oggetti intorno (il rassicurante beneficio della compagnia), le mille viventi realtà del creato, continuamente lo richiamano al suo leggendario dovere”, che è quello di ascoltare: ascoltare la vita, la gioia, il dolore, la sofferenza e la speranza. Ascoltare due ragazzi che si chiudono dentro un’auto da demolire ai margini di un campo, e parlano fitto, si raccontano, si baciano, fanno l’amore, senza tempo: perché non c’è più tempo. Non c’è più tempo (E intanto, nevica sulla mia mano …).
Musica. Lucio Dalla: Due ragazzi.