1 settembre 2009
Aubervilliers, cittadina multietnica della periferia parigina. Tra discount, fast food e bazar “tutto-a-un-euro”, sorge uno dei più grandi ospedali privati convenzionati della regione parigina, La Roseraie: 420 posti letto, 2500 nascite solo nel 2008, 20mila ricoveri all’anno e altrettante tac nello stesso periodo. Quello che in pochi sanno è che questo ospedale dal nome così francese è gestito dal gruppo romagnolo Villa Maria. In un’intervista a Focus In, l’amministratore delegato Giuseppe Mancini ha raccontato come sono andate le cose.
Fondata nel 1935 dal dottor Julien Rozan, la clinica Roseraie assume il suo attuale nome nel 1961. Nel 1982, alla morte del fondatore, i figli, quasi tutti specialisti in campo medico, riprendono la fiaccola dell’Hópital Européen de la Roseraie ma cominciano a conoscere le difficoltà finanziarie legate alla gestione di una struttura così imponente. È allora che interviene Ettore Sansavini, fondatore, presidente e amministratore delegato del Gruppo Villa Maria, una società che funziona in Italia secondo principi simili a quelli di Rozan, abbinando cioè la professionalità medica a tecnologie d’avanguardia e investendo nella formazione di profili altamente specializzati. Il Gruppo Villa Maria concentra alcuni tra i più grandi specialisti del mondo, soprattutto in cardiochirurgia e neurochirurgia.
Forti di una ventina di cliniche sparse in tutta Italia, dal Piemonte alla Sicilia (cui vanno ad aggiungersi ospedali in Polonia, Albania, Francia e le terme di Castrocaro), e di una società di acquisti che riesce a negoziare il miglior materiale sanitario per le sue strutture, i romagnoli sono riusciti ad attirare grandi nomi della medicina internazionale. Anche in Francia, ad Aubervilliers, l’ospedale europeo “La Roseraie” segue gli stessi principi: personale medico di punta e apparecchi sanitari di altissima tecnologia. Mancini cita i “gamma-knife”, un bisturi a raggi gamma usato per interventi “non invasivi” per le patologie cerebrali. In zona è l’unico centro di neurochirurgia, il migliore centro di dialisi e uno dei pochissimi ad avere un’apparecchiatura per controllare il cuore sotto sforzo, che viene messa a disposizione dei cardiologi di Parigi e regione. “I medici rimangono esterrefatti quando vengono qui” dice Mancini. Tra questi medici c’è anche qualche italiano di alta professionalità.
“In Italia la Fondazione del Gruppo Villa Maria organizza seminari e congressi internazionali di ricerca e gestisce, in collaborazione con le Università di Bologna e di Ferrara, dei corsi di formazione per manager sanitari, per infermieri, per il personale medico e paramedico”, spiega Mancini. “Gli infermieri albanesi o dell’Europa dell’Est sono bravissimi, ma la legge francese non ci consente di farli venire a lavorare qui”.
Una mancanza di mobilità che si nota anche tra i pazienti. L’ospedale europeo si rivolge prevalentemente alla popolazione locale, un bacino di 400mila persone. Nella struttura attuale, la gestione italiana ha portato alcune importanti modifiche. Intanto l’ospedale è stato completamente ripulito e ridipinto nel rispetto della cromoterapia, giallo e blu per i reparti che più tendono a intristire, salmone per quelli di tutto riposo, e così via. Le camere sono dotate di letti speciali: una volta posato sul letto, il paziente si alza solo se ne ha voglia, altrimenti può essere portato dovunque con il lettino-barella. Nel bagno c’è persino il bidet, noto simbolo d’italianità, semisconosciuto in Francia nonostante il nome. L’arredamento interno è stato rifatto da un architetto italiano, con mobili di un gruppo padovano specializzato in arredi per ospedali.
Anche il personale è stato leggermente italianizzato. Spesso è invitato in Italia, i più meritevoli persino alle terme, per vedere quali tecniche si usano, per cercare di infondere a tutto il personale un spirito un po’ più italiano. “Il concetto di Villa Maria è che il paziente vada ricevuto, accompagnato, capito” spiega il direttore amministrativo. “In Italia, si è più accoglienti, più attenti al dettaglio, non solo nelle cliniche, dappertutto”. Il primo Natale che ha passato ad Aubervilliers, Mancini ha voluto creare un’atmosfera natalizia e, “in tutta ingenuità”, ha fatto fare un albero gigante nella hall. Inutile dire che con tutte le religioni presenti tra i residenti, l’albero è durato ben poco. Ha allora ripiegato, l’anno dopo, sulla consegna di 2500 panettoni per personale e pazienti.
È forse questo spirito che rende la collaborazione con le autorità francesi, le Università ma anche lo stesso Consiglio d’Amministrazione, un po’ difficili: con “ah, ces italiens!” i francesi seminano diffidenza là dove non dovrebbero. Ma l’attuale sindaco di Aubervilliers Jacques Salvator, di origine italiana, è fiero della Roseraie. Mancini, marchigiano di origine ma residente da anni a Bologna, vede anche, con un pizzico di nostalgia, un côté italiano nella piazzetta del Comune. Affinità che promettono bene per il futuro ospedale europeo. Nel 2011 dovrebbe essere terminato, infatti, il grande cantiere del nuovo sito, che sarà ubicato a cavallo tra Aubervilliers e Saint Denis: una struttura ancora più grande, più efficiente, al servizio di tutto il settore nord est della capitale.