19 luglio 2011
Cari ascoltatori, inizia da oggi una serie di puntate della nostra rubrica “I Protagonisti” che vogliamo dedicare agli “eroi” del Risorgimento: a quelli che con tanta enfasi sono definiti tali nei libri di scuola e nelle celebrazioni ufficiali, ma che in realtà erano uomini e, spesso, ragazzi, come noi, solo vissuti in un’altra epoca, dove gli ideali erano diversi, ed erano quelli sui quali si è costruito il nostro Paese. Vale la pena di ricordarli, questi personaggi, almeno nel 150° anniversario dell’Unità d’Italia.
Noi ci occuperemo dei protagonisti emiliano-romagnoli, i cui nomi troviamo oggi scolpiti nelle targhe che indicano vie, piazze, monumenti a loro dedicati, o case in cui hanno vissuto.
A Bologna, ad esempio, c’è Viale Filopanti. Sapete chi era Quirico Filopanti? No? Ve lo raccontiamo noi.
Una limpida e calda notte d’estate a Bologna, in piazza Maggiore: un uomo dai baffi folti e dalla voce potente, ma dallo sguardo mite, in cima alla scalinata della chiesa di San Petronio, indica la volta celeste e parla di stelle, pianeti, costellazioni. Usa un linguaggio semplice e appassionato e si rivolge a una platea di artigiani, operai, gente del popolo, chiamandoli cittadini. Il pubblico ascolta affascinato, forse un po’ perplesso, e non rinuncia a intervenire con domande, esclamazioni, battute in dialetto.
Più o meno così doveva svolgersi una delle lezioni popolari di astronomia “a cielo aperto” che nella seconda metà dell’ottocento era solito tenere, a Bologna, ma anche in altre città italiane, Quirico Filopanti, patriota, garibaldino, uomo politico, scienziato. Un figura pressoché unica nel panorama del Risorgimento italiano e che sfugge a ogni rigida definizione. Di una umanità non comune, generoso, altruista, con tratti talvolta fantasiosi, nonostante la formazione scientifica e lo spirito pratico, fattivo, con cui si spende a favore delle classi più povere.
La fede nel progresso e nella scienza
A queste lezioni serali estive che trattavano di astronomia, ma anche di fisica, metafisica e morale, Filopanti si dedica spinto dalla incondizionata fiducia nella scienza come fonte di progresso morale e sociale e dagli ideali di fratellanza e solidarietà, che lo accomunano a tanti suoi contemporanei risorgimentali.
“Pronto sempre a prestare la modesta opera mia e, dove fosse bisogno, la vita a pro della Patria piccola, che è l’Italia, e della Patria grande, che è l’Umanità”, scrive di sé e d’altra parte il cognome che si è scelto (in realtà si chiama Giuseppe Barilli ed è nato a Budrio nel 1812, figlio di un povero falegname) significa proprio “colui che ama tutti” . Il nome Quirico invece lo adotta in omaggio all’antica Roma.
Questa aspirazione, talvolta forse un po’ ingenua, sempre comunque sincera e disinteressata, a un destino di pace, uguaglianza e libertà per tutti gli uomini è un po’ l’elemento che guida tutta la sua straordinaria e avventurosa vita.
L’impegno politico
Filopanti partecipa alla Prima Guerra d’Indipendenza (comanda la V compagnia del Battaglione universitario guidato da Carlo Berti Pichat) accorre da Budrio con un gruppo di volontari per respingere gli Austriaci nella battaglia dell’8 agosto a Bologna, è tra i protagonisti della Repubblica Romana, si arruola tra le file dei garibaldini, combatte nella Terza Guerra d’Indipendenza. Membro del Consiglio comunale di Bologna e di quello provinciale, è anche, più volte, parlamentare.
A Roma si batte per l’abolizione della tassa sul macinato e sul sale, a Bologna partecipa alla Società operaia di mutuo soccorso, di cui è anche presidente, all’”Unione democratica”, alla “Lega per l’istruzione del popolo”. Come molti anche Filopanti in un primo tempo crede nella possibilità che il Papato possa essere la guida del movimento unitario, ma quando Pio IX fugge a Gaeta nel novembre 1848 è già su posizioni apertamente democratiche e progressiste. Sarà lui a scrivere il 9 febbraio 1849 il “Decreto fondamentale della Repubblica Romana” che dichiara decaduto il potere temporale del Papa e sancisce la nascita di un governo repubblicano. Di lì a qualche mese, il 3 luglio verrà approvata quella Costituzione che rappresentò uno dei risultati più alti e avanzati del movimento democratico risorgimentale.
I fusi orari
Filopanti sperimenta su di sé l’importanza dell’istruzione come strumento di libertà e di avanzamento sociale. Di famiglia povera, ma singolarmente portato per lo studio, da ragazzo, per decisione unanime del Consiglio comunale di Budrio, viene mantenuto per otto anni a Bologna a spese della sua città natale, fino alla laurea in matematica e filosofia.
Come scienziato Filopanti è oggi ricordato come il vero ideatore, purtroppo inascoltato, dei fusi orari. E’ infatti il primo a parlarne in una sua opera “Miranda” del 1858: ben venti anni prima del canadese Sandford Fleming cui verrà poi attribuita tale proposta. Ma i suoi interessi di studioso e di inventore sono molteplici e anche questi sempre finalizzati a migliorare le condizioni di vita e di lavoro delle classi umili. Progetta acquedotti, linee ferroviarie, sistemi di aratura meccanica a vapore. Tra le sue invenzioni più curiose la “paltelata” un particolare sistema per chiudere i fontanazzi e impedire le esondazioni dei fiumi in piena che viene descritto anche da Riccardo Bacchelli nel Mulino del Po.
L’esilio e la fede repubblicana
Dopo la caduta della Repubblica Romana Filopanti è costretto alla fuga prima negli Stati Uniti e poi a Londra dove si mantiene dando lezioni di italiano. Rigoroso nella sua fede repubblicana, dopo l’Unità d’Italia si rifiuta di prestare giuramento di fedeltà al re, così come è richiesto ai professori universitari e per questo perde la cattedra. Da quel momento in poi ricoprirà presso l’Ateneo bolognese solo incarichi di professore “straordinario” e “onorario” comunque non di ruolo.
A Bologna Filopanti è amico di Giusuè Carducci e con lui condivide, tra l’altro l’impegno dentro la Società operaia di mutuo soccorso. Oltre che negli ambienti intellettuali è molto noto anche tra la gente comune e il ricordo delle sue lezioni pubbliche, ma anche del suo entusiasmo, della sua generosità, della sua onestà rimangono vivi a lungo. Nel 1868 in segno di solidarietà con i colleghi Giuseppe Ceneri, Giosuè Carducci e Pietro Piazza, sospesi dall’Università per il banchetto commemorativo della Repubblica romana, si autosospende anch’egli dall’insegnamento.
Anziano abita in un modesto appartamento in via Indipendenza 36 al quinto piano, con una scala di oltre cento gradini e quando viene ricoverato all’Ospedale Maggiore di Bologna, dove poi morirà il 18 dicembre 1894, è grazie alla generosità degli amici che dalla corsia può essere spostato in una camera a pagamento.
LE CITAZIONI
La battaglia dell’8 agosto raccontata da Quirico Filopanti
“1848: ….I cittadini cominciarono di lontano il fuoco coi fucili, nelle strade che conducono alla Piazza d’Armi davanti alla Montagnola, ed alla porta di Galliera. Gli austriaci rispondevano coi fucili, coi cannoni e colle bombe. I bolognesi caricavano il loro fucile tenendosi riparati dietro a una colonna, indi si spingevano in fuori quanto bastava per mirare e sparare. Si coprivano ancora fra le colonne ricaricando l’arma, poi tiravan di nuovo, ma a poco per volta si andavan facendo innanzi di colonna in colonna, di portico in portico, e stringevano, sempre più dappresso il nemico. .. tutto l’esercito di Welden si ritirò, con poco ordine, una parte per la via di Galliera a Ferrara, l’altra per la via Emilia a Modena”.
(tratto da : Quirico Filopanti “Storia d’Italia dagli antichissimi tempi sino all’anno 1882”, Bologna 1883 pp 868-869: la battaglia dell’8 agosto, in Fedora Servetti Donati, “Ricordando Filopanti 1894-1994” – Budrio dicembre 1994 – Comune di Budrio assessorato alla promozione culturale).