“Mulini del Po: si contano forse sulle dita, e ogni anno scemano, e per scoprirli bisogna andare apposta a cercarli, chi non percorra il fiume in barca. Tanto pochi, nella vastità molle e potente del fiume serpeggiante, li nascondono o li lasciano appena intravedere, qua un gomito, là un ciglio d’argine, altrove un lembo di golena boscosa, o le svolte della strada rivierasca. Sono scuri e frusti, e coll’aspetto cadente illustrano la disposizione del Genio Civile che ha segnato il destino di questi ultimi superstiti alla concorrenza molitoria: l’esercizio dei mulini natanti è concesso fino a consumazione”.
Cari ascoltatori , il personaggio di cui vogliamo parlavi questa settimana è un grande scrittore, avrete riconosciuto, in apertura l’incipit da Il mulino del Po di Riccardo Bacchelli che potrete apprezzare più interamente nella rubrica delle letture. Nato a Bologna nel 1891 Bacchelli è stato un grande poeta, narratore e drammaturgo, uomo di cultura tutto tondo ci ha lasciato in eredità una splendida raccolta di 4.600 fra libri, opuscoli e periodici e un archivio composto da 90 buste, con testi autografi, dattiloscritti, bozze con correzioni, appunti, articoli, saggi letterari, sceneggiature e copioni per radiodrammi, cinema e televisione, ritagli di giornali, fotografie, diplomi, medaglie e attestati.
Bacchelli, accademico d’Italia e dei Lincei ha scritto moltissimo dai versi ( Poemi lirici , 1914; Parole d’amore , 1935) agli scritti di teatro ingegnosamente dialettici come Amleto (1919), L’alba dell’ultima sera (1949), Nòstos (1957). La sua narrativa è sempre densa di riferimenti eruditi. Ha presentato quadri storici in: Il diavolo al Pontelungo (1927), Il mulino del Po (1938-40), Il figlio di Stalin (1953), I tre schiavi di Giulio Cesare (1958).
Come dicevamo, tra le sue opere più importanti è il grande romanzo ciclico, in tre parti, Il mulino del Po (edito fra il 1938 e il 1940), che racconta la storia di una famiglia di mugnai, gli Scacerni, legata alle vicende di un secolo, fra la ritirata napoleonica dalla Russia e
Elemento centrale dell’ispirazione di Bacchelli è una costante riflessione sulla condizione umana. Più unificante ancora lo stile, costantemente macchinoso e ornato, basato su una lingua che assorbe moduli idiomatici e dialettali, in un impasto illustre, teso a un vigoroso realismo.
Di rilievo i saggi storici e critici, che testimoniano l’ampiezza degli interessi culturali: La congiura di don Giulio d’Este (1931); Confessioni letterarie (1932); Rossini (1954); Nel fiume della storia (1955); Africa tra storia e fantasia (1970).
Nel 1971 gli era stato assegnato il premio “L’Archiginnasio d’oro”, attribuito annualmente dal Comune ai bolognesi distintisi in campo culturale.
Dopo la sua morte, a Monza nel 1985, il comune di Bologna (che l’anno precedente aveva acquistato per destinarli all’Archiginnasio, i libri e le carte di Bacchelli, in quel periodo sofferente e in gravi ristrettezze economiche) gli ha dedicato un premio, il Premio Internazionale Riccardo Baccelli, con cadenza biennale che gode del patrocinio dell’Università degli Studi e l’Alto Patronato del Presidente della Repubblica.
A cura di Marina Leonardi.