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17 Gennaio 2015 | Paesaggio dell'anima

Romagna in musica

Un viaggio in regione attraverso la musica

A cura di Claudio Bacilieri. Lettura di Fulvio Redeghieri.

Luisa Cottifogli: Bôrda.

Cari ascoltatori, stiamo entrando nel decimo anno di vita della nostra radio, nata nel marzo 2006. Speriamo di riuscire a regalarvi ancora tanta buona musica e tante nuove emozioni dalla nostra regione. Durante le vacanze di Natale, abbiamo letto un interessante volume  dell’editore bolognese Pendragon, «Le case degli artisti in Emilia-Romagna», scritto dai giornalisti Daniela Piccinini e Fabio Raffaelli. Vi si trovano notizie, corredate da molte immagini, sulle case dei grandi artisti – pittori, scrittori, musicisti – nati o vissuti in Emilia-Romagna. Abbiamo deciso di seguire questo libro come una Bibbia, per introdurvi nei luoghi abitati dagli artisti, molti dei quali sono visitabili, e altri possono essere meta di un viaggio più ampio nella cultura, nel paesaggio e nella musica di questa regione. Cominciamo dai luoghi dei musicisti romagnoli, come forse avete capito dal brano d’apertura, dove la bravissima Luisa Cottifogli canta in dialetto la ninna-nanna della “Bôrda”, il mostro delle favole che spaventava i bambini. Adesso invece ascoltiamo una “canta romagnola” a più voci, di quelle che s’intonavano a fine trebbiatura nelle aie, oppure la sera dopo il lavoro nei campi, quando i contadini si ritrovavano nelle case per divertirsi e cantare.

Canterini Romagnoli di Lugo “Francesco Balilla Pratella” & Corrado Zaccari: Il ballo della veneziana (dall’album “Chanteurs de Romagne”, 1960).

 Questi canti sono stati tramandati oralmente di generazione in generazione sino al  1894, quando il direttore della biblioteca comunale di Forlì, Benedetto Pergoli, raccolse le musiche e i testi della tradizione in un suo libro che avrebbe dato il via, qualche anno dopo, a una delle più belle avventure intellettuali della Romagna. Si formò, infatti, un sodalizio tra quattro giovani: il medico e poeta Aldo Spallicci, lo scrittore Antonio Beltramelli e i musicisti Cesare Martuzzi e Francesco Balilla Pratella. Martuzzi, che nel 1904 aveva conseguito a Bologna il diploma di musica e canto corale, conobbe Spallicci a Forlì, che gli propose di mettere in musica alcune sue poesie in dialetto romagnolo. La loro collaborazione durò una quarantina d’anni, dal 1906 al 1945. Nel 1910 i due fondarono i “Canterini Romagnoli”, il primo coro che aveva nel repertorio solo “cante romagnole”. E la prima canta con testo d’autore, di Spallicci naturalmente, fu La Majè (la “Maggiolata”), eseguita per la prima volta nel paese natale di Spallicci, Bertinoro, nello stesso anno. Noi ve la facciamo ascoltare nell’interpretazione moderna del musicista contadino Pietro “Quinzan” Bandini e della sua band.   

 Quinzan: La Majè.

 Di cosa parla La Majè? Spallicci riprende la tradizione romagnola di adornare di rami di betulla, all’inizio della primavera, i davanzali, così da impedire alle formiche di entrare nelle case. La tradizione risale ai tempi dell’imperatore romano Giustiniano, quando si usava, nei giorni di maggio, mettere dei rami davanti alle porte per augurare, col canto, amore agli uomini e fecondità alle messi. Dice il testo: «Togli il ramo più bello / strappa i fiori che piacciono a te / sistema come per un re / le finestre della mia casa. / Togli la betulla più bella / strappa i fiori che piacciono a te / che le formiche non debbono entrare / a mangiare nella mia casa». Dopo la prima guerra mondiale, Martuzzi iniziò a collaborare col musicista di Lugo Francesco Balilla Pratella che aveva aderito al futurismo, mentre Spallicci continuava a dirigere La Piê, la rivista ufficiale del sodalizio. Nel 1922 Martuzzi e Balilla Pratella fondarono il coro del Canterini Romagnoli di Lugo, attivo ancora ai nostri giorni con lo stesso nome: Canterini Romagnoli di Lugo “Francesco Balilla Pratella”. I rapporti tra i due musicisti si guastarono quando il futurista Balilla Pratella aderì al fascismo e i suoi cori – chiamati Camerate – furono favoriti dal regime, che invece boicottò i Canterini Romagnoli di Forlì, a causa della fede repubblicana e antifascista di Martuzzi. Di Francesco Balilla Pratella vi facciamo ascoltare ora un brano futurista, La guerra: la battaglia.

Francesco Balilla Pratella: La guerra: la battaglia.

 Dal 1911 la casa di Francesco Balilla Pratella a Lugo diventò un ritrovo di giovani intellettuali, tra i quali Giorgio Morandi, Osvaldo Licini e Giacomo Vespignani, che studiavano tutti all’Accademia di Belle Arti di Bologna, il pittore e poeta Filippo de Pisis, lo scrittore Riccardo Bacchelli, il pittore Roberto Sella. In quegli stessi anni Venti muoveva i primi passi di musicista Secondo Casadei, il principale esponente del ballo liscio romagnolo. Non fu però l’autore della celebre Romagna Mia a inventare il liscio, ma Carlo Brighi. Questo musicista, soprannominato Zaclén, anatroccolo, fino al 1890 suonava musica colta nei teatri come primo violino, e musica popolare nelle sale da ballo. Poi mise in piedi una sua orchestra per suonare solo valzer, polche e mazurche. L’orchestra era composta da un clarinetto, un contrabbasso e tre violini: il primo era il suo, il secondo quello del figlio Emilio e il terzo violino fu poi sostituito dalla chitarra. Nel 1910 Carlo Brighi cominciò a suonare in capannoni che sarebbero poi diventati le famose balere romagnole. Dopo la sua morte nel 1915 a Forlì, l’orchestra passò al figlio Emilio che nel 1924 inserì nella formazione come secondo violino il diciottenne Secondo Casadei. Nel 1928 Casadei si mise in proprio, fondò la sua orchestra, vi inserì nuovi strumenti come batteria e sax, e fece la storia. Ma noi ora chiudiamo con Carlo Brighi e, come i romagnoli d’inizio Novecento che andavano a ballare la domenica pomeriggio a Bellaria, lo incitiamo ad aprire le danze con il famoso Taca Zaclén!(comincia a suonare, Zaclén!).

Carlo Brighi: Valzer 1 (1887; esegue la Piccola Orchestra di Zaclén).

 

Brano corrente

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