21 novembre 2011
L’incontro tra il mondo dei giovani e quello degli adulti è spesso traumatico e la storia raccontata dal film di cui parliamo oggi non fa eccezione. Scialla è una parola del gergo giovanile che serve appunto a separare il mondo dei ragazzi da quello dei grandi… significa “stai sereno”, “prenditela comoda”. E’ utilizzata soprattutto nell’area di Roma ma è nota a tutto il pubblico adolescente e, non a caso, il film ha incontrato il gradimento dei ragazzi di tutta Italia.
In occasione di una proiezione bolognese dedicata alle scuole abbiamo incontrato Francesco Bruni che ha scritto e diretto il film, abbiamo scambiato qualche parola con il bravo protagonista esordiente Filippo Scicchitano (minorenne al tempo delle riprese) e concludiamo il giro di interviste con un intervento del produttore Beppe Caschetto che a Bologna gioca in casa…
Con un cast di attori navigati, (Fabrizio Bentivoglio, Barbora Bobulova, Vinicio Marchioni) e l’esordiente Filippo Scicchitano, il regista Francesco Bruni dirige per il grande schermo una commedia intergenerazionale sui rapporti tra adulti e adolescenti (e in particolare tra padri e figli) con la quale il neo-regista (Bruni è molto noto ma come sceneggiatore) si propone di invertire lo schema in cui sono gli adulti a consigliare i film ai figli e ai giovani.
Nel film c’è l’incontro tra due vite alla deriva: quella di un padre ex-insegnante e talentuoso scrittore travolto dall’inedia, e di un figlio per nulla superficiale ma ampiamente ribelle, alla ricerca del limite e di modelli di riferimento. Non sanno di essere padre e figlio (si scoprirà nel corso del film) ma entrambi possono fare molto per l’altro, ed è esattamente ciò che accade.
Nella scrittura di Bruni che è anche – e soprattutto – sceneggiatore, non c’è intento didascalico anzi, c’è la ricerca maniacale di un punto di vista “non filtrato”, scelta premiata dai giovani spettatori ma apprezzata anche dagli insegnanti che hanno trovato in Scialla un utile strumento per comunicare con i ragazzi, per promuovere il valore della cultura e dell’approfondimento e per richiamare i genitori al loro ruolo principali educatori dei figli .
Il film non porta in scena una storia particolarmente originale ma con grande abilità evita tutti gli stereotipi generazionali (soprattutto quei dialoghi catartici in cui i genitori espiano il senso di colpa), porgendo un garbato racconto del mondo giovanile urbano, con i rischi e le tentazioni del nostro tempo e il potentissimo antidoto che risiede nel corretto mantenimento dei ruoli tra genitori e figli, purché vi siano sempre adeguati spiragli di apertura nei due mondi a cui entrambi possano accedere lasciandosi guidare dall’altro.
