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17 Febbraio 2009 | Archivio / Lo sguardo altrove, storie di emigrazione

Silvia a Toronto tra biciclette e scoiattoli

Lo sguardo altrove: storie di emigrazione

A cura di Claudio Bacilieri. Lettura di Mascia Foschi.

17 febbraio 2009

La storia che vi leggiamo oggi è tratta da “Imolians”, la rubrica dedicata agli imolesi che vivono all’estero de “Il Nuovo Diario Messaggero”, settimanale e sito web di Imola, cittadina a 30 km da Bologna. Raccontata in prima persona, la vicenda di Silvia Mirri è stata raccolta da Maria Adelaide Martegani.

«All’età di nove anni ho annunciato ai miei genitori che io, da grande, avrei “lavorato con il computer”. Diciamo che questa è stata una previsione piuttosto azzeccata! Ho frequentato l’istituto Paolini (indirizzo Programmatori, ovviamente) e mi sono laureata in Scienze dell’Informazione all’Università di Bologna. Nel 2007 ho conseguito il titolo di dottore di Ricerca in Informatica, sempre all’Università di Bologna, e attualmente sono uno dei tanti “precari della ricerca”. Uno dei revisori internazionali della mia tesi di dottorato ha particolarmente apprezzato il mio lavoro e così mi ha invitata all’Università di Toronto per collaborare ad un progetto con il suo centro, l’Adaptive Technology Resource Center (Atrc). Al mio arrivo a Toronto, appena scesa dall’aereo ho avuto un momento di turbamento. Subito ho pensato: Ok, vediamo se c’è un volo per tornare indietro, ma mi sono ricreduta appena ho visto la CN Tower, la più alta torre per telecomunicazioni del mondo, e lo skyline di Toronto all’orizzonte, attraverso una parete a vetri dell’aeroporto. L’impatto non poteva essere dei migliori.

Greg, il mio revisore, è una persona disponibilissima e semplicemente squisita e aveva già provveduto al mio alloggio e a procurarmi una bicicletta, uno dei mezzi di trasporto più adeguati e più usati a Toronto. L’inserimento nel posto di lavoro è stato immediato e ottimo. Per il momento sto lavorando bene, in un ambiente molto stimolante e con tempi e modi più sereni rispetto ai soliti e questo mi permette di avere anche un po’ di tempo per scoprire la città e per sentire spesso i miei cari, grazie ad un software di video conferenza, cosa che ha suscitato l’entusiasmo di mia mamma che ha commentato “Cum l’è bela la tecnolugeia!”.
Non ho particolari problemi con l’inglese: grazie al mio lavoro d’abitudine lo leggo e lo scrivo praticamente tutti i giorni e ogni tanto partecipo a conferenze all’estero e mi capita di conseguenza anche di parlarlo. Certo questa esperienza avrà l’effetto collaterale di migliorarlo ulteriormente. Toronto è la città più multiculturale al mondo e quindi si sente parlare qualunque lingua anche nei posti meno aspettati. La comunità italiana è la più numerosa, subito seguita da quella cinese.

La cosa interessante è che qui sono tutti molto orgogliosi: prima di tutto sono orgogliosi di essere cittadini canadesi e poi sono orgogliosi delle proprie differenti origini. E così i nativi sono orgogliosi di essere nativi. I cinesi sono orgogliosi di essere di origine cinese. Gli indiani (quelli dell’Asia intendo) sono orgogliosi di essere indiani. I portoghesi sono orgogliosi di essere di origine portoghese. I caraibici sono orgogliosi delle loro origini caraibiche. Gli afroamericani sono orgogliosi delle loro origini afroamericane. Ma più di tutti gli italiani sono orgogliosi delle loro origini italiane, il che mi sa un po’ di strano, dato che non sembriamo altrettanto orgogliosi delle nostre origini a casa nostra …
Toronto è una città sicura, si può girare la sera per strada a qualsiasi ora e in qualunque zona, la cosa peggiore che ti potrebbe capitare è che ti rubino la bicicletta (questa è, in effetti, forse la più grave piaga sociale, che porta diverse persone ad andare in giro con il sellino sotto al braccio!).Gli abitanti di Toronto sono per definizione cordiali e gentili. Come non trovarsi a proprio agio?

Ovviamente le differenze con l’Italia e con gli italiani sono tantissime e i primi giorni io non facevo che guardarmi intorno con bocca e occhi spalancati, nonostante non fosse la mia prima volta in Nordamerica. Prima di tutto per gli animali: scoiattoli e procioni sul marciapiede della zona universitaria non sono proprio all’ordine del giorno da noi.
Poi i mezzi di trasporto più comuni, skateboard e roller, con tanto di segnali di divieto che indicano in quali edifici non è consentito l’accesso a questi mezzi. E poi qui è tutto più grande, a cominciare dalle strade per finire con le porzioni del cibo o anche dei detersivi al supermercato. Gli spazi sono enormi e tutto sembra respirare, funzionare in modo ampio e regolare.
Qual è la cosa che mi manca maggiormente? Beh, in pole position famiglia e amici, ovviamente. Per il resto, fino a qualche giorno fa avrei risposto ‘il cappuccino’, ma poi ho scoperto un barettino niente male a Kensington Market che ne fa uno italianissimo … quindi non mi rimane altro che rispondere … “il bidet”!

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