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26 Aprile 2016 | Archivio / Protagonisti

Stella Pedrazzi: dal forno al Mulino

La storia di una donna che legò il suo nome a un panificio celebre e, grazie al lavoro delle sue mani, pose le premesse di una grande fucina culturale

A cura di Vittorio Ferorelli. Lettura di Alessia Del Bianco

Care amiche e cari amici di Radio Emilia-Romagna, la protagonista di oggi porta, non a caso, lo stesso cognome del professor Luigi Pedrazzi, di cui abbiamo ascoltato la storia in una delle puntate precedenti. Stella Maria Rigosi in Pedrazzi, infatti, era sua nonna. Era nata a Bologna nel maggio del 1864 e qui si era spenta 62 anni dopo. La vicenda del suo famoso panificio bolognese merita di essere raccontata perchè idealmente, ma anche materialmente, è legata a quella che, in tempi successivi, portò il nipote Luigi a fondare, insieme ad altri, una casa editrice che fu chiamata, non senza ragione, “il Mulino”.
Leggiamo e ascoltiamo insieme il ritratto che a Stella Pedrazzi ha dedicato la scrittrice Katia Brentani nel libro intitolato “Le donne che fecero l’impresa. Nessun pensiero è mai troppo grande”. Il volume, che raccoglie gli scritti di diverse autrici, è stato curato nel 2016 da Katia Brentani e Lorena Lusetti per le Edizioni del Loggione.

Dal forno al Mulino

Il forno Pedrazzi esisteva già ai tempi in cui Stella Maria Rigosi in Pedrazzi iniziò a sognare.
Il proprietario del forno era suo marito Luigi Pedrazzi. Un uomo cui non mancava un sano spirito di concorrenza. Nel terzultimo decennio dell’Ottocento aveva fatto pubblicare su un giornale di avvisi pubblicitari un curioso annuncio commerciale:
È dovere di ognuno di conciliare il proprio interesse coll’utile pubblico: il sottoscritto crede di aver raggiunto lo scopo coll’offrire ai suoi numerosi avventori ed a chiunque lo onorerà in via Caprerie n. 3 a tutte le ore sia di giorno che di notte, pane fresco, comune ad uso francese e viennese, come pure pasta comune di semolino, pasta coll’ovo di propria fabbricazione col sistema più igienico, sia per la cottura, che per la scelta qualità delle farine adoperate, che per l’acqua sana dell’acquedotto e per la lavorazione più accurata.
Tiene poi anche sempre in pronto scelti e speciali tortellini e deposito di paste secche di Napoli d’ogni stampo delle più rinomate Fabbriche.
I prezzi praticati sono tali che non temono concorrenza.

Stella affianca il marito nella sua attività di fornaio come la prima moglie di Luigi Pedrazzi morta di parto.
Lei prepara “i tortellini speciali”, vanto della città, dà consigli al marito per offrire prodotti sempre di alta qualità e per aumentare la clientela.
Il forno si trasferisce da via Caprerie numero 3 in via Rizzoli numero 13.
Stella continua a sognare.
Ha visto due case in via Santo Stefano al numero 6 e sogna un palazzo al posto delle case dimesse, dove fare tortellini e pane fresco da vendere al mondo intero. Un piano per le sfogline, un piano per i fornai e un’entrata ampia dove mescere vino e vendere pane e pasta fresca.
Servono soldi, tanti soldi per un forno grande. Per un grande sogno.
Soldi che i coniugi Pedrazzi non hanno.
Stella continua a lavorare e a passare quasi ogni giorno da via Santo Stefano numero 6; osserva le facciate delle case e si lascia trasportare dalla fantasia. Le sembra di sentire lo sferragliare delle biciclette lungo la strada: un allegro carosello di fattorini con le ceste di pane fresco sulle spalle.
I suoi fattorini, le sue sfogline, i suoi fornai.
Non più il forno di Luigi, ma quello di Stella Pedrazzi.
“Perché le donne si fidano di più di una donna” ripete al marito.

Nel 1911 un palazzo nasce dalla demolizione delle due case di via Santo Stefano al numero 6. Stella Maria Rigosi in Pedrazzi l’ha voluto con tutte le sue forze.
Sulla facciata fa scolpire spighe di grano e incidere la frase: “Si fa pasta e pane”.
Nell’annuncio per l‘apertura sotto la foto dell’insegna “Forno Stella Pedrazzi” campeggia la scritta “Casa propria”.
Stella deve ringraziare la Contessa Isolani se riesce a dare vita al proprio sogno e costruire un palazzo dove lavoreranno un’ottantina di donne, fornai, fattorini e commesse.
Una follia vergata su carta.
Un atto notarile attesta la concessione da parte della Contessa Isolani di un prestito a Stella Maria Rigosi in Pedrazzi da restituire in venti anni insieme a venti chili di cera.
Quella cera suddivisa in venti parti uguali utilizzata per ricavare venti ceri.
Ogni anno un cero sarà acceso da Stella per ringraziare la Madonna di San Luca per averle dato la forza di lavorare venti ore al giorno e pagare le rate del prestito alla Contessa Isolani.
Rate pagate con la vendita del pane e dei tortellini.

Stella oltre a fare dei tortellini eccezionali ha una grande capacità comunicativa e commerciale.
Sfrutta il calore dei forni per essiccare i tortellini e poterli conservare per quindici-venti giorni in un’epoca in cui i frigoriferi non esistevano ancora.
In questo modo riesce a consegnarli ai clienti nelle varie città d’Italia utilizzando il treno.
Non solo.
Un cartello appeso in negozio informa: “I tortellini vengono esportati in Belgio, Olanda, Svezia, Finlandia, Norvegia e alla Reale Casa Inglese via avion”.
Improbabile in tempi in cui gli aerei erano veri e propri baracconi, ma efficace a livello commerciale.
Vero o falso i tortellini del “Forno Stella Pedrazzi” sono cucinati nei migliori ristoranti della città fra cui Il Pappagallo e il Diana.
Preparati rigorosamente a mano.
Il forno Pedrazzi si fregia di una medaglia d’oro del Ministero dell’Agricoltura, Industria e Commercio, conferita quale riconoscimento dell’alta qualità del prodotto.
Non solo tortellini, ma anche tagliatelle, pane e grissini.
Stella mandava i suoi fattorini a vendere il pane appena sfornato in stazione e ai passeggeri sui treni in partenza.
Un profumo di pane caldo invadeva i vagoni e scaldava il cuore.
Un profumo cui nessuno sapeva resistere.

Oltre al pane venivano preparati squisiti grissini consegnati dai fattorini in bicicletta in tutta Bologna pedalando fino a via dell’Osservanza.
“Vanno consegnati interi, se si spezzano ritornate al forno” si raccomandava Stella, “la qualità innanzitutto”.
Nel raccomandarsi controllava “il coppino” (la nuca) dei fattorini. Se era bagnato, li rimbrottava: “Ti sei fermato a fare il bagno in via Riva Reno e ti sei tolto i vestiti, sono asciutti”.
Davanti al loro silenzio colpevole, aggiungeva: “Non sta bene rimanere in mutande davanti alle lavandaie”.
Fra i fattorini più bravi c’era Augusto Simili, padre delle Sorelle Simili, che proprio al forno Stella Pedrazzi conoscerà sua moglie Antonietta, dove lei lavorava come commessa. Insieme apriranno un forno in via San Felice.

Stella Pedrazzi sogna, realizza sogni e insegna a sognare.
Rimasta vedova non dimentica i parenti della precedente moglie di suo marito Luigi.
A uno di loro regala i soldi per aprire una falegnameria.
Stella Pedrazzi non ha potuto studiare.
Sarà Carlo, uno dei suoi quattro figli, il primo a laurearsi. Iscritto all’Università è costretto a partire come soldato per la Prima guerra mondiale.
Ritorna a casa con troppo sangue negli occhi e nessuna voglia di riprendere gli studi. Sua madre lo iscrive a Medicina.
Stella Pedrazzi sa che la cultura è importante. In una città come Bologna, Dotta e Grassa, dove cibo e cultura sono le facce della stessa medaglia.
Quel figlio era il padre di Luigi Pedrazzi, nipote di Stella Pedrazzi, uno dei fondatori del Mulino.
Luigi Pedrazzi, stesso nome del nonno, quando il Mulino negli anni Sessanta rischia la chiusura versa l’eredità dello zio Emilio, figlio di Stella, nelle casse della casa editrice. Soldi guadagnati con i tortellini di nonna Stella.
Senza il forno di Stella Pedrazzi oggi non ci sarebbe il Mulino.
Quel Mulino amalgama di grani diversi a rappresentare le diverse anime del gruppo formato da cattolici, liberali e socialisti.
Il nome Mulino sarebbe piaciuto a Stella a suo agio fra grani e farine.
Stella Pedrazzi non solo sognava, realizzava sogni, regalava sogni, ma il suo forno i sogni li ha salvati.

[testo tratto dal libro: “Le donne che fecero l’impresa. Nessun pensiero è mai troppo grande”, a cura di Katia Brentani e Lorena Lusetti, Modena, Edizioni del Loggione, 2016. Autrici: Fosca Andraghetti, Katia Brentani, Marta Casarini, Carla Cenacchi Bacchelli, Maria Genovese, Sabrina Leonelli, Lorena Lusetti, Sara Magnoli, Cristina Orlandi, Francesca Panzacchi, Alba Piolanti, Rosalba Scaglioni]

 

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