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24 Marzo 2009 | Archivio / Lo sguardo altrove, storie di emigrazione

Stregato dal Nord

Lo sguardo altrove: storie di emigrazione

A cura di Claudio Bacilieri. Lettura di Fulvio Redeghieri.

24 marzo 2009

La storia che vi leggiamo oggi è tratta da “Imolians”, la rubrica dedicata agli imolesi che vivono all’estero de “Il Nuovo Diario Messaggero”, settimanale e sito web di Imola, cittadina a 30 km da Bologna. Raccontata in prima persona, la vicenda di Fabrizio Frascaroli è stata raccolta da Maria Adelaide Martegani.

Fabrizio è cresciuto a Bologna, i suoi genitori sono di Borgo Tossignano; la mamma ora vive a Imola ed è qui che lui abita quando, tre o quattro volte l’anno, torna in Italia. Ama Imola e Bologna, ma Reykjavík lo ha affascinato. Capitale europea della cultura nel 2000, ricca di acque provenienti dal sottosuolo, la capitale islandese è piena di piscine geotermiche ed è anche la città del divertimento notturno per i tanti pub, discoteche e locali che propongono musica di tutti i generi.

Partito nel 2000 con il progetto Erasmus per un anno di studi in Islanda (frequentava Scienze della comunicazione all’Università di Bologna), a distanza di sette anni e mezzo Fabrizio è ancora a Reykjavík, dove nel 2003 si è laureato in Antropologia cambiando indirizzo di studi. Fabrizio, molto versatile, dopo la laurea ha rinnovato un locale universitario, lo Stúdentakjallarinn, e lo ha gestito portando al suo interno musica e teatro, e trasformandolo in un punto d’incontro aperto a tutti.

«La scena musicale giovanile è fiorente in Islanda» spiega Fabrizio, che si è occupato anche di un festival musicale prima di tornare sui libri per conseguire un doppio Master in Antropologia e scienze ambientali. Ora collabora con una rivista di Reykjavík, “Grapevine”, e lavora all’Università, impegnato in questo momento di una ricerca sulla gestione idrica delle paludi e delle zone umide, che in Islanda non mancano. 
«Mi trovo molto bene a Reykjavík – dice – per fortuna non sono un patito del caldo, quindi mi sono abituato facilmente al clima islandese. Dal punto di vista scolastico prima, lavorativo e professionale poi, non ho incontrato difficoltà: all’estero è più facile che in Italia avere contatti, realizzare progetti, ottenere sovvenzioni, c’è meno burocrazia. In Islanda è più semplice rispetto all’Italia accedere alla carriera accademica o giornalistica, ci sono più sbocchi lavorativi. L’Università di Reykjavik offre ottime opportunità di ampliamento dei propri orizzonti culturali e linguistici, prepara ad ulteriori studi e a diversi sbocchi professionali in un contesto di relazioni internazionali. Ho instaurato buone relazioni e amicizie: per integrarmi ho evitato di inserirmi nella comunità italiana, ho sempre frequentato gli islandesi, anche se conosco alcuni italiani che risiedono a Reykjavík».

L’estate scorsa  Fabrizio si è avventurato in solitaria in un viaggio difficile attraverso le Icelandic Highlands. Ha camminato da un capo all’altro del paese per quaranta giorni:
«Sono partito da Ásbyrgi, nel nord ovest, per arrivare nel sud est, attraversando il Langjökull Icecap, passando per vallate verdi, luoghi desolati e affascinanti ricchi di fiumi e di laghi, zone glaciali e zone desertiche, aree geotermali e vulcaniche, insomma tutto ciò che di meglio l’Islanda offre. I punti di partenza e di arrivo che ho scelto hanno particolari significati: Ásbyrgi è un luogo di memorie mitologiche, Thingvellir rappresenta il focolaio della vita istituzionale e politica nell’Islanda sud-occidentale, vicino alla penisola di Reykjanes e all’area vulcanica di Hengill. Un luogo molto suggestivo, inserito dall’Unesco tra i siti considerati patrimonio dell’umanità. Sono passato dai luoghi più selvaggi del paese ai centri più vivi della civiltà e della vita. Prima di partire mi sono preparato sia fisicamente che psicologicamente per affrontare quest’avventura, studiando dettagli tecnici, mappe, la geografia delle aree che avrei attraversato».
Progetti di rientro definitivo a Imola? «Non per l’immediato futuro, mi piacerebbe prima gravitare ancora un po’ all’estero, magari negli Stati Uniti».

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