Cari ascoltatori, ogni anno Biografilm Festival ci regala proiezioni che lasciano il segno, aprendo riflessioni di grande attualità. Tra queste “The Black sheep”, di Antonio Martino, documentarista di origini calabresi ma che si è formato cinematograficamente a Bologna, in cui ancora risiede.
Il film, in concorso nella categoria principale del festival, vede come protagonista Ausman, trentenne berbero della minoranza Amazigh, nato e cresciuto nella Libia del regime di Gheddafi e che, in un Paese devastato dalla post dittatura e dall’avanzare dell’Isis, vive con la coerenza e la disperazione di giovane ateo, intellettuale, metallaro in uno stato sempre più chiuso e integralista.
Antonio Martino – cineasta da sempre attento ai grandi temi sociali – da tempo tentava di raccontare la vita dei giovani libici. Ausman, a sua volta, cercava un mezzo per dar voce al proprio pensiero. L’incontro tra queste due “pecore nere” del sistema ha generato un film, che mostra uno spaccato intenso e drammatico di una generazione che vorrebbe rinnovare una terra da troppo tempo repressa, e, contemporaneamente, di un diritto di espressione negato, che uniforma e appiattisce la vita sociale, culturale e politica di uno stato. La scelta è comunque difficile: restare e morire, andarsene per vivere.
Abbiamo chiesto ad Antonio di parlarci della rischiosa realizzazione di quest’opera, girata in parte con telecamere nascoste. Ecco che cosa ci ha raccontato
Intervista ad Antonio Martino
The Black sheep è prodotto dalla bolognese e indipendente BO Film, che con coraggio sta ora tentando di far conoscere al pubblico questa storia che non deve rimanere taciuta, come ci ha raccontato la produttrice Serena Gramizzi.
Intervista a Serena Gramizzi
Sperando che Ausman e il film proseguano con successo il loro percorso di libertà, vi auguro buona visione.
A presto da Anna Sbarrai.