2 ottobre 2012
Tre ristoratori partiti da Modena nel dopoguerra hanno fatto fortuna in Cile. Nella capitale Santiago hanno aperto tre locali e il prossimo che inaugureranno, a ottant’anni suonati, si chiamerà “La Ghirlandina”. Ci racconta la loro storia Evaristo Barbieri, in un articolo pubblicato sulla “Gazzetta di Modena”.
Tortellini, gnocco fritto e lasagne, rigorosamente fatti a mano. La ricetta del successo in Sudamerica l’hanno trovata tra gli ingredienti della propria amata terra, abbandonata a malincuore più di 50 anni fa, emigrati in cerca di lavoro. Walter “Valerio” Garuti, sua moglie Wilma Anderlini e il fratello di quest’ultima, Francesco, hanno tutti e tre superato gli ottant’anni. Da più di mezzo secolo vivono a Santiago del Cile. Ma dei loro paesi d’origine Nonantola e Gaggio, in cui sono tornati in questi giorni, hanno tramandato fino in Cile le tradizioni, in particolare quella gastronomica, aprendo negli anni Sessanta prima un ristorante chiamato “Due torri”, poi un altro e poi un altro ancora. «Il prossimo – giura Francesco – lo chiameremo “La Ghirlandina”». Una promessa che sarà mantenuta domenica prossima, quando il quarto locale “made in Modena” aprirà a Santiago le sue porte al pubblico. «Avremo voluto intitolare a Modena anche il primo ristorante, ma in quegli anni non era conosciuta nel mondo come lo è adesso», raccontano mentre osservano la vera Ghirlandina restaurata, che lasceranno ancora una volta fra qualche giorno per non mancare all’inaugurazione del nuovo locale in Cile, dove ora c’è una famiglia numerosa di figli e nipoti ad attenderli. «Adesso c’è la Ferrari e il nome di Modena è conosciuto ovunque».
A compiere per primo il viaggio nella terra promessa sudamericana fu Valerio. Aveva diciannove anni, era il 1951. La guerra lasciata alle spalle, riformato. «Lavoravo in un’officina di riparazione Moto Guzzi, di fronte allo Storchi, di proprietà di un signore che si chiamava Arnaldo Alborini». Una passione per la bicicletta, che lo portò a competere anche contro Serse Coppi, il fratello del campionissimo Fausto, con il quale ha incrociato le ruote in una gara a Crevalcore. Poi, da un giorno all’altro, arrivarono l’invito di un parente già emigrato, la partenza da Genova, il lungo viaggio in nave oltreoceano e l’arrivo a Buenos Aires. Dalla capitale argentina, via aereo finalmente a Santiago, dove Valerio subito trova lavoro in fabbrica, dirigendo un intero settore. Qualche tempo dopo, lo raggiunge Wilma, l’allora fidanzata e oggi moglie, che ripercorre le stesse tappe.
Comincia così l’avventura del ristorante, giù a tirare la sfoglia tutti i giorni per cento coperti. «A pranzo e a cena», ricorda Wilma. All’avventura presto comincia a partecipare lo stesso Valerio, che decide di lasciare il lavoro in fabbrica, e il cognato Francesco. «La prima serata di apertura – racconta Francesco – erano arrivati solo i tavoli, mancavano le sedie. Allora decidemmo di fare la pizza, come se si fosse ad un cocktail. Ma già il primo fine settimana di apertura, ad una certa ora abbiamo dovuto chiudere a chiave le porte del locale, tante erano le persone rimaste fuori che volevano entrare». In Cile, la famiglia in parte si ricongiunge. Molti i parenti rimasti in Italia, ma i genitori di Francesco e Wilma, Gustavo Anderlini e Zelmira Annovi, aprono in Cile un allevamento di polli, proprio nella casa dove Wilma e sua madre tirano la sfoglia per il ristorante. La vita va avanti, tra sacrifici e soddisfazioni. «Qui a Modena ci sono le nostre radici e una parte del nostro cuore. Forse in questi anni Modena è migliorata, ma ci sembra anche un po’ più triste», ripetono, rendendo omaggio alla patria del “turtlèin”, quel ricciolo di sfoglia custode di un segreto: averli fatti sentire a casa, sebbene a migliaia di miglia.