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26 Agosto 2008 | Archivio / Lo sguardo altrove, storie di emigrazione

Tra l’Emilia e il Brasile

Lo Sguardo Altrove: storie di emigrazione.

A cura di Claudio Bacilieri. Lettura di Fulvio Redeghieri

26 agosto 2008

 

La storia che vi leggiamo oggi è tratta da “Imolians”, la rubrica dedicata agli imolesi che vivono all’estero de “Il Nuovo Diario Messaggero”, settimanale e sito web di Imola, cittadina a 30 km da Bologna. Raccontata in prima persona, la vicenda di Marco Bufferli è stata raccolta da Maria Adelaide Martegani.

La nascita di Marco Bufferli in Brasile è la conseguenza di un atto storico: suo nonno era il leader fascista Dino Grandi che, con il suo ordine del giorno, decretò la caduta del fascismo. Trasferita la famiglia in Brasile, Grandi rimpatriò negli anni ‘60 per aprire una fattoria modello nella campagna di Modena. Intanto in Brasile era nato Marco, che ci racconta dal Paraná la sua storia, in parte ancora ambientata in Italia.

“Mi chiamo Marco Bufferli, ho 47 anni e il mio arrivo in Brasile è dipeso da mio nonno materno, Dino Grandi, il gerarca fascista nativo di Mordano, vicino Imola, da cui il 25 luglio del ’43 partì l’ordine del giorno che provocò la caduta di Mussolini e la fine del fascismo. Come è noto, tutti i gerarchi che votarono a favore della iniziativa di mio nonno furono fucilati. L’unico a evitare la punizione fu proprio Dino Grandi che, con la sua famiglia, fuggì in Portogallo e successivamente, nel 1946, in Brasile per cominciare una nuova vita.
Nel 1951 i miei genitori si sono sposati in Italia e sono poi rientrati in Brasile stabilendosi nell’azienda agricola dove ancora oggi io lavoro. Negli anni ’50 la regione del nord dello Stato del Paraná era tutta foresta tropicale e gli immigrati europei hanno abbattuto la foresta per poter piantare. Oggi, tutta la regione è sviluppata, ricca di città e campi.
Io, mio fratello e mia sorella siamo nati a San Paolo e siamo dunque cittadini italiani nati all’estero. Sin da quando eravamo piccoli, tutti gli anni ci siamo recati in Italia, abitando o a Bologna presso i nonni Grandi o a Imola vicino al Piratello, con la nonna Maria Concetta Malerbi vedova Bufferli, di origini lughesi. Ho un bellissimo ricordo dei nostri giri per la campagna imolese, dove tutte le strade erano ancora con la ghiaia, i contadini preparavano i pasti in casa dedicando, a differenza di ora, molto tempo alla cucina, e i lavori erano quasi totalmente effettuati in modo manuale. I profumi e gli odori della campagna imolese erano forti e caratteristici del posto. Molte famiglie abitavano in campagna e questo faceva sentire in modo forte la presenza umana, le persone sembravano più “vicine” le une alle altre.
Dico questo per fare un paragone con il Brasile, con la campagna brasiliana dove il mio babbo ha allestito l’azienda agricola con un impianto di lavorazione industriale del cotone: che producevamo nella nostra fazenda o compravamo da altri agricoltori. In Brasile l’evoluzione dell’agricoltura è stata molto simile a quella imolese, pur avendo le sue peculiarità. Negli anni ’60 e ’70 vivevano in campagna moltissime famiglie che facevano tutto in casa: la campagna era più popolata. Con le enormi distanze e gli ampi spazi propri del Brasile, tutto era più lontano e meno accessibile, meno intimo. La notte, ad esempio, era tutto buio in campagna, perché in molte zone la luce elettrica non era ancora arrivata. Il buffo è che oggi, con l’arrivo dell’elettricità, le persone sono andate a vivere in città! Il sistema agricolo qui era basato sulle grandi proprietà, nello stile “plantation”. Oggi, queste grande aziende sono state suddivise tra gli eredi in molti piccoli poderi. É interessante notare i cambiamenti: quando venivo a Imola dai nonni, avevo modo di seguire da vicino queste evoluzioni e di paragonare le due situazioni, italiana e brasiliana.
Noi abitavamo a San Paolo, città che ha sofferto mutamenti infinitamente più grandi rispetto alla situazione emiliana. La città, già grande negli anni ’60, oggi è diventata un vero e proprio nido di formiche. In Italia non c’è niente di simile: i cambiamenti sono stati più morbidi. Difficile, invece, da descrivere l’evoluzione della campagna brasiliana e di São Paulo. Oggi produciamo nell’azienda agricola mais e soia. Nella nostra regione si produce anche canna da zucchero, poco caffè, banane, e poco cotone. Negli anni ’50 era tutto caffè. Poi diventò tutto cotone. Negli anni ’70 hanno cominciato a seminare mais e soia e c’erano anche molti pascoli con bestiame che con il passare degli anni sono stati trasformati in aree coltivate a soia e mais. In inverno si seminano mais e granoturco. Per quanto riguarda il clima, le differenze tra stagione calda e fredda sono quasi inesistenti, assai minori in Brasile che in Italia. I maglioni qui si usano poco, anche se è vero che ogni tanto fa freddo tanto a São Paulo come in campagna. Però dura poco.
A livello economico, il Brasile sta vivendo una fase di crescita, con un mercato di 190 milioni di consumatori, il debito estero che non esiste più e il debito interno che si sta riducendo.
Non penso di ritornare definitivamente in Italia perché i miei affari ormai si svolgono qui, nello Stato del Paraná. Tuttavia, essendo io e la mia famiglia cittadini italiani, ritengo importante per tutti noi assorbire la cultura, la lingua, le usanze e la mentalità del luogo da cui i nostri avi sono venuti, e da dove tutto è cominciato. Per questo, mia moglie e i miei figli vivono da un paio di anni a Imola. Oggi il mondo è diventato molto piccolo. Attraverso Internet ci si vede e ci si parla senza sentire la distanza. Le opportunità si stanno moltiplicando ovunque, e questo è un altro motivo per sentirsi di appartenere a più culture, in un mondo dove i flussi migratori si sono molto ampliati. Un caro saluto, Marco”.

Marco Bufferli

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