Ci spostiamo a Oriente, cari amici. Il primo brano che vi presentiamo oggi, “Macedonia” di Riccardo Tesi, evoca atmosfere balcaniche, complice la magnifica voce della romagnola Luisa Cottifogli. Come sapete, Riccardo Tesi è una delle bandiere del folk contemporaneo italiano e il più importante suonatore di organetto diatonico. Il linguaggio popolare connaturato allo strumento, si arricchisce qui di un tocco jazz. Ascoltiamo.
Riccardo Tesi: Macedonia
Oggi vi portiamo sulle tracce dei pittori “orientalisti”, quegli artisti viaggiatori che nell’Ottocento, come avevamo iniziato a dire nella puntata scorsa, si erano specializzati nelle raffigurazioni del mondo arabo, rappresentando luoghi e costumi di grande fascino, vedute di città, carovane di berberi, il deserto, la sabbia, ma anche gli harem, le odalische, scene esotiche e non di rado erotiche. L’orientalismo aveva un suo mercato di amatori e collezionisti, ed era a quel pubblico di sognatori che i pittori si rivolgevano. Ma il brano di Riccardo Tesi ci impone una digressione. Ci viene in mente, infatti, visto che siamo nei Balcani, una figura straordinaria, il garibaldino di Piacenza Pietro Marubbi. Coinvolto nell’uccisione del sindaco di Piacenza nel 1856, il patriota Marubbi è costretto a fuggire. Ripara in Turchia, poi in Grecia e, infine, nell’Albania ottomana. A Scutari s’inventa fotografo e apre il primo atelier di fotografia dei Balcani. Diventa Pjetër Marubi, ritrae i paesaggi, i costumi, la corte reale e tutta la vita albanese dell’epoca, ed è sua anche la prima fotografia fatta a una donna musulmana senza il velo, sfidando i divieti dell’impero ottomano. I negativi delle foto di Marubi sono oggi patrimonio dell’Unesco e conservati nell’Archivio Marubi a Scutari. Da Bologna, i La Van Guardia ci fanno ascoltare questa funambolica “Aurora balcanica”.
La Van Guardia: Aurora balcanica.
Il sogno di terre lontane è un portato del romanticismo. Uno dei primi artisti a girovagare nel mondo arabo, negli anni Quaranta dell’Ottocento, fu Ippolito Caffi, che visitò Egitto, Turchia, Siria, Palestina. Comincia la moda, anche a teatro, di un esotismo pittoresco e fantastico, che sarà interpretata al meglio da quello che è considerato l’orientalista italiano più importante, il pittore di Parma Alberto Pasini. Allievo di Théodore Chassériau, a sua volta uno dei massimi orientalisti francesi, celebre per i suoi nudi femminili di romantica sensualità, Alberto Pasini viaggiò per anni nei paesi islamici, Egitto, Persia, Turchia, riceveva commissione dagli stessi sovrani di quei paesi, e a Parigi aveva come mercante il celebre Goupil, che gli assicurava la fortuna commerciale dei suoi quadri. A Parma gli è intitolata una strada del quartiere dell’Oltretorrente: viale Alberto Pasini. Restiamo in tema, naturalmente, ascoltando queste “Gocce d’Oriente” di Riccardo Joshua Moretti, compositore parmense, anche lui, ma di origine ebraica. Moretti compone musica da film, avendo studiato con Nino Rota, per il teatro, avendo collaborato con Linday Kemp, e musiche della cultura ebraica, rappresentate anche al Teatro Regio di Parma.
Riccardo Joshua Moretti: Gocce d’Oriente.
Entriamo un po’, cari ascoltatori, nella vita e nell’opera di Alberto Pasini. Fu grazie al suo maestro Chassériau che nel 1855 poté partecipare come disegnatore a una missione diplomatica del governo francese in Turchia, Siria, Egitto, Persia e Arabia. Durante quel viaggio realizzò gli studi e i disegni che al ritorno gli sarebbero serviti come base per i nuovi lavori. La memoria di quanto visto nelle terre lontane è, in fondo, la rielaborazione di un sogno. Infatti, che cosa sono le stupefacenti carovane arabe di Pasini, se non una visione tra i fumi dell’hashish, con quei cavalieri che s’inoltrano in gole di roccia e tra città in rovina, sollevando polvere; o quella lunga fila di cammelli nella luce rosata dell’alba che svela sullo sfondo le rovine di un tempio color della sabbia? Dove siamo? Siamo già nel simbolismo, in un mondo onirico che troverà poi espressione in un altro grande pittore emiliano, ferrarese per la precisione, Gaetano Previati. Ma fermiamoci un attimo, per ascoltare un brano, “Carovana nel deserto”, appunto, inserito nella colonna sonora realizzata da Piero Piccioni nel 1962 per il film “Il figlio di Spartacus”.
Piero Piccioni: Carovana nel deserto.
E’ come se l’Oriente introducesse in noi un turbamento, ci mostrasse qualcosa la cui visione rimane impressa a lungo nei nostri occhi e nella nostra mente. Questi quadri rivelano l’estasi del pittore davanti a ciò che ha visto. Il lato onirico prende ancor più il sopravvento nei quadri di Previati, che non a caso ha tra i suoi soggetti preferiti le fumatrici d’oppio. Previati è torbido, come se la sabbia del deserto si mescolasse alla nebbia ferrarese e al fumo del narghilè. I suoi quadri hanno effetti oppiacei, come la Cleopatra del 1877, dove il pennello indugia sulle carni nude della regina; e naturalmente Le fumatrici d’oppio, opera visionaria e vertiginosa, custodita alla Galleria Ricci Oddi di Piacenza. Ma noi ci mettiamo in marcia ora con i cammelli del Carovaniere del deserto, una delle sue ultime opere, datata 1916, dipinta con estro divisionista e rétro. Il sole sta per tramontare sull’immensa distesa di sabbia, la scia della carovana si perde all’orizzonte, solo due esili e altissime palme smuovono l’aria di un mondo che sembra ipnotizzato. Tra poco sarà notte, e di notte risuona in libertà la voce di Luisa Cottifogli, a cullare un sonno senza tempo, sotto le stelle luminose.
Youlook (Luisa Cottifogli, Gigi Biolcati & Aldo Mella): Di notte.