Salta al contenuto principale
22 Aprile 2008 | Archivio / Lo sguardo altrove, storie di emigrazione

Un imolese tra i thai

Lo sguardo altrove: Storie di emigrazione

Lettura di Fulvio Redeghieri

22 aprile 2008


La storia che vi leggiamo oggi è tratta da “Imolians”, la rubrica dedicata agli imolesi che vivono all’estero de “Il Nuovo Diario Messaggero”, settimanale e sito web di Imola, cittadina a 30 km da Bologna. Raccontata in prima persona dalla celebre località thailandese di Pattaya, la vicenda di Riccardo Neri è stata raccolta da Maria Adelaide Martegani.
Riccardo Neri se lo ricordano in molti, a Imola. Tutti coloro che hanno degustato i suoi famosi “crostini alla toscana” quando era titolare di un ristorante sulla Montanara o quando gestiva l’Osteria della Rivazza. Qui, oltre a buoni piatti, si trovavano cabaret e musica di qualità, concerti bandistici ed esibizioni di artisti che poi sono diventati abituali frequentatori di concerti a Imola.

Ecco la storia, raccontata da Riccardo Neri in prima persona.

«Oggi ho 57 anni. A 10 studiavo clarinetto, a 12 mi hanno regalato una chitarra, e dopo le medie ho iniziato a fare il musicista come professione.
La casa di “Gino K “, papà di Claudio (meglio conosciuto a Imola come “Gallina”) è stata la culla musicale per noi ragazzini di quegli anni. Ancora oggi, quando torno a Imola e passo davanti al bar Otello, mi viene spontaneo guardare in su, verso quella finestra da dove a qualsiasi ora usciva il suono della Hawayana o della Fender del vecchio Gino. Dunque, musicista fino ai 25 anni, poi bar Gastone: negli anni in cui a Imola il bar Parigi e il bar Gastone erano i due locali di tendenza. In quel periodo è finito il mio matrimonio, ho venduto il bar e sono partito per il Sud America. Era il mese di dicembre del 1978 e per un anno ho fatto la spola tra il Brasile e le isole caraibiche. Prima di ritornare in Italia, sono stato anche in Perù. A Cuzco ho conosciuto la donna da cui ho avuto i miei due figli. Ho aperto ristoranti a Cuzco e a Lima. Quello che ancor oggi è considerato uno dei migliori ristoranti italiani in Perù l’ho creato io, si chiama “La Trattoria”.
Sono tornato poi a Imola, ma l’ultimo periodo imolese è stato negativo quanto a gratificazione e profitti, mi ha procurato solo amarezze. Certo, se uno non fa mai niente è normale che non sbagli, e in una cittadina dove uno starnuto può diventare una polmonite, cantare fuori dal coro non passa inosservato e può creare molti amici, ma anche molti nemici.
Anche qui in Thailandia ho intenzione di fare musica dal vivo, sto studiando come proporla alla clientela del mio ristorante, che si chiama Valentino Italian Thai Restaurant.
Se mi chiedete se tornerò a Imola, vi rispondo che può essere, ma di certo non riaprirei neanche un banchetto di lupini. Cosa mi manca della mia città? Mara – la mia compagna – e i miei figli.
Ma adesso voglio raccontarvi la Thailandia dal mio punto di vista. Posso dire che dove finisce la logica inizia la Thailandia, perché è il paese delle contraddizioni, con regole e abitudini molto difficili da assimilare per noi occidentali.
Lo chiamano “il paese del sorriso”, e in effetti non esiste altro posto al mondo dove vedi tanti volti sorridenti. Ma attenzione: il sorriso può essere malizioso, di cortesia, nervoso, d’imbarazzo, a volte anche ipocrita e velenoso.
Qui non esiste la pornografia, che è punita molto severamente, così come i reati di droga. C’è un pudore nei rapporti tra i sessi che rasenta l’asetticità, infatti non si vedono mai effusioni in pubblico. La vita costa un quarto rispetto all’Italia e offre servizi e vantaggi tripli a livello di servizi sociali, che però sono a pagamento.

Forse qualcuno non sarà d’accordo sul mio modo di vedere la Thailandia, specialmente chi si lascia influenzare dai servizi tv delle “Jene” e dalle leggende metropolitane. Nei posti bisogna viverci e poi documentarsi.
Problemi di comunicazione non ne ho, forse qualche volta di comprensione, ma parlo varie lingue e ora mi sto addentrando anche nella lingua Thai: se ascolti la conversazione tra due thai sembra di sentire l’audio dei cartoni animati di una volta!
Questo è un paese fortemente turistico e frequentato dalle più svariate etnie. La cucina è internazionale, quindi anche quella del mio ristorante, il Valentino. In questa mia nuova scommessa, oltre a tagliatelle e tortellini offro la locale cucina thai.
Non è facile fare apprezzare la nostra cucina a chi non ha un palato allenato: Pizza Company, Pizza Hut, Canyon Cafè, Starbucks sono catene americane che qui commercializzano i prodotti italiani, tanto famosi quanto poco gradevoli, al punto che il “vero” caffè espresso o la “nostra” pizza non piacciono alla gente.
I miei connazionali? Al contrario di tutti gli altri popoli credo che siamo molto individualisti e non facciamo gruppo. Ci inseriamo con facilità in altre strutture sociali, anche con differenti culture, ma ognuno pensa al suo orticello: forse sarà per questo motivo che ha successo la pizza “americana”.
Ci sono altri imolesi da queste parti, li troverò. Una volta si partiva per cercar lavoro, spesso da paesini poveri che non offrivano niente, valigia di cartone e via, a cercar fortuna. Adesso, chi parte lasciando l’Italia lo fa per togliersi di dosso tutta quella marmellata di benessere che si traduce in stress: non è un caso che ci sia più gente del nord che va via, di questi tempi.
Dovrebbe esserci più spazio per chi rimane, invece no. Sempre più stipati e compressi. Il vantaggio è che con un po’ di fantasia chi resta può illudersi di stare in Oriente o in una casba araba senza viaggiare, basta andare nel quartiere giusto!
Gli emigranti di una volta tornavano dopo anni con i soldi, ora è più difficile, c’è gente che perde delle fortune in investimenti disastrosi e torna a casa più rovinato di prima. Ma non lo si viene a sapere facilmente: il giocatore parla quando vince, ma non quando perde. Sono sempre meno i paesi dove noi, che ci consideriamo emancipati, possiamo fare la voce grossa. Quindi, o investi molti soldi con i conseguenti rischi, o ti adatti a quel che viene. Penso a volte che siamo noi il terzo mondo, o che lo stiamo diventando».

Brano corrente

Brano corrente

Playlist

Programmi