Care ascoltatrici e cari ascoltatori, oggi vi raccontiamo un evento di forte rilievo sia per la storia dell’arte sia per uno dei paesaggi tra i più interessanti della nostra regione nell’Appennino Bolognese all’interno di un luogo di particolare fascino e suggestione: la Rocchetta Mattei.
Si tratta della scoperta del ritratto equestre di Niccolò di Ligo Ludovisi, splendida scultura in pietra che, grazie a una lunga indagine stilistica, iconografica e tecnica, è stata acquisita dalla storiografia artistica quale inedito capolavoro di Jacopo della Quercia.
La scoperta si deve a Paolo Cova referente scientifico della Fondazione Carisbo sulla Rocchetta Mattei, nonché scopritore dell’opera.
L’incontro nel corso del quale a Bologna, è stata presentata l’opera, svoltosi a Palazzo Saraceni, alla Fondazione Cassa di Risparmio, è stata un’occasione non soltanto per contestualizzare il manufatto nel percorso artistico del grande maestro senese, ma più in generale per un’ampia riflessione sull’importanza della Rocchetta Mattei dal punto di vista della ricerca storica, artistica e architettonica (anche in relazione alle correnti culturali europee legate all’orientalismo e all’eclettismo dell’Ottocento), con riferimento infine alla sua valorizzazione e alle sue potenzialità turistico-culturali.
Si deve all’acquisto nel 2005 da parte della Fondazione, al continuo e decennale restauro dopo una lunga decadenza e infine all’apertura al pubblico nel 2015 – in sinergia con il Comune di Grizzana Morandi, l’Unione dei Comuni dell’Appennino bolognese, la Città Metropolitana e le associazioni locali – se alcune rilevanti opere d’arte all’interno della Rocchetta Mattei sono giunte fino a noi, per altro in eccellente stato conservativo: una di queste è proprio l’inedito capolavoro di Jacopo della Quercia.
Posto nel cortile centrale della Rocchetta, al di sopra dell’ingresso della Scala nobile, il tondo in pietra calcarea con diametro di 85 cm raffigura il ritratto equestre di Niccolò di Ligo Ludovisi, insigne capitano bolognese, e si caratterizza come un bassorilievo della tarda produzione bolognese del celebre scultore senese, mentre operava alla Porta Magna di San Petronio e al Monumento funebre di Anton Galeazzo Bentivoglio, tra il terzo e il quarto decennio del XV secolo.
Questa immagine all’antica del cavaliere felsineo, che conserva una parte della policromia originaria ed è affiancata dalle sue iniziali, sovrastava la tomba che Giovanni Ludovisi, politico illustre e grande mecenate di artisti, commissionò per se stesso e per il padre Niccolò. L’opera un tempo era infatti posta nel Chiostro dei Morti del Convento di San Domenico a Bologna, condividendo pertanto una comune provenienza con le già note mensole dell’arca di Giovanni da Legnano, realizzate tra 1383 e il 1386 da Jacobello e Pier Paolo dalle Masegne e riutilizzate da Cesare Mattei come supporto del balcone della Stanza del Papa.
«Tutto è iniziato nella Biblioteca dell’Archiginnasio – racconta lo studioso Paolo Cova –, quando consultando un documento ho visto un disegno, abbozzato velocemente da un erudito del Settecento, che rappresentava la quattrocentesca Tomba di Niccolò e Giovanni Ludovisi nel Chiostro dei Morti nella Chiesa di San Domenico a Bologna, un’opera che si riteneva dispersa da quasi due secoli. All’epoca mi occupavo di altro e la cosa non ebbe seguito ma quando, diverso tempo dopo, per caso sono andato a visitare la Rocchetta, l’ho subito riconosciuto: il cavaliere che brandiva la spada sul cavallo impennato era lui, Niccolò, ispirato alla cosiddetta immagine del Marte guerriero».
L’eclettico gusto del conte Mattei lo spingeva a procurarsi opere di diverse epoche e, così, venne in possesso anche del rilievo, che utilizzò come elemento ornamentale della sua dimora. Un’operazione di riutilizzo importante che implicava una vera e propria acquisizione “in stock”, intorno alla metà dell’Ottocento, di tali opere del complesso domenicano, manufatti che oggi sono visibili al pubblico e al centro di importanti studi scientifici.
ora sappiamo che, nonostante la dispersione della tomba di famiglia cui apparteneva, il ritratto equestre di Niccolò Ludovisi non è mai andato perduto, già custodito 150 anni fa in uno dei luoghi più fiabeschi dell’Appennino bolognese. E vi invitiamo ad andare a visitare e scoprire questa architettura e i suoi gioielli incastonati in un paesaggio di grande bellezza.