FaberNoster: Dolcenera (di Fabrizio De Andrè).
Giornate d’autunno piovose, andate via! Frane e smottamenti in questo fragile e malato Paese, ci fanno ormai temere anche l’acqua che scroscia. Abbiamo aperto la nostra trasmissione con un pezzo famoso di Fabrizio De Andrè, dove si racconta la storia di un mancato amore durante l’alluvione di Genova del 1972. C’è lui che aspetta lei, che però non arriva, perché bloccata dalla nera fiumara di fango che viene giù dalla montagna e che alla fine la uccide.
Il pezzo di De Andrè l’abbiamo ascoltato nella versione di una giovane band della provincia di Reggio Emilia, i FaberNoster, che ripropongono brani del grande cantautore genovese, di cui evidentemente sono innamorati. Di disastro si parla anche nell’album d’esordio del duo emiliano – berlinese Nagel, di cui ascoltiamo un pezzo, interessante per l’uso combinato di violoncello e elettronica, che ci accompagna nel nostro viaggio su per le strade bagnate di Romagna, verso la rocca del mago. Quale mago? – direte. Lo scopriremo dopo.
Nagel: Open City.
Se mettete insieme «Romagna» e «mago», è facile capire, cari ascoltatori, dove stiamo andando. All’uscita dell’autostrada a Rimini Nord, piove ancora forte; quasi sbagliamo a prendere la direzione di Santarcangelo. Ma ecco, siamo nel paese di Tonino Guerra per una sosta caffè, prima di prendere la Statale 258 in direzione San Leo. E’ qui, infatti, a quasi 600 metri d’altitudine, che sorge la rocca in cui fu imprigionato il mago. Le carceri della fortezza ospitarono dal 1791 fino alla sua morte nel 1795, Alessandro conte di Cagliostro. L’avventuriero siciliano, espressione della cultura irrazionalista che si sprigionò nel secolo dell’Illuminismo, viaggiò in Europa presentandosi come mago, veggente e guaritore dai poteri straordinari. Fondò in Francia una loggia massonica, poi peregrinò in Inghilterra, in Svizzera e in Italia dove, a Roma, aprì una nuova loggia massonica di rito egizio che si contrapponeva alla Chiesa cattolica. Denunciato dalla moglie, fu condannato al carcere a vita nel forte di San Leo, e costretto a guardare dalla cella solo luoghi consacrati. Morì maledicendo il clero. Ascoltiamo il celebre Cagliostro-Walzer di Johann Strauss, presentato la sera del 27 febbraio 1875 al Theater an der Wien, a Vienna, all’interno dell’operetta “Cagliostro a Vienna”.
Johann Strauss Jr: Cagliostro-Walzer (Wiener Philharmoniker).
Siamo in uno di quei negozi di prodotti tipici che ormai sorgono ovunque, incerti se acquistare o no il “balsamo di Cagliostro”, che altro non è che un digestivo a base di liquirizia. Ci dicono che un’altra specialità locale sia il formaggio alle foglie di noce. In effetti ha un buon aspetto; ma ora siamo più interessati a un ritratto di Dante Alighieri che vediamo nel negozio, sotto il quale è riportato il verso “Vassi in Sanleo e discendesi in Noli” del canto IV del Purgatorio, che ci conferma che il gran poeta passò di qui. Ci venne in esilio, “ghibellin fuggiasco”, forse nei primi anni del Trecento. Gli era rimasta impressa la salita alla rocca, e quel suo ergersi solitaria a dominio della valle del Marecchia. Una macchina da guerra unica, la fortezza di San Leo, come recita il detto popolare «Un sol pèpa, un sol Dé, un sol fort d’ San Lé»: «un solo papa, un solo Dio, un solo forte di San Leo». Siamo nella Romagna che confina col Montefeltro, e quindi è d’obbligo ascoltare un hit del liscio, “Romagna e Sangiovese”, nella rivisitazione che ne fa l’Orchestra Romagna Nostra.
Orchestra Romagna Nostra: Romagna e Sangiovese (di Raul Casadei e Terzo Fariselli).
Finalmente ha smesso di piovere e possiamo goderci il tramonto in questa stagione morta senza turisti. La rocca di San Leo è la più misteriosa tra tutte quelle del Montefeltro, e tale appare sotto i mutevoli cieli contro i quali si staglia, corteggiata dalle nuvole o illuminata da luci crepuscolari. La sua fortezza sembra la prua di una nave adagiata su un mare di roccia, guardiana di un borgo che dall’Unità d’Italia a oggi non è cambiato gran che. Dal fervore evangelizzatore di San Leone sono sorte la pieve e, per filiazione, la cattedrale; dal mistico San Francesco è derivato il convento di Sant’Igne, mentre di Dante Alighieri, ospitato nella rocca durante l’esilio, non conosciamo i pensieri. Certo l’avrà impressionato questo luogo così strano, appartato, che affiora dalla roccia. Anime fluttuanti, anche noi, che evaporiamo davanti a tanta rude bellezza. L’odore di bagnato, le foglie che calpestiamo, un uccello nero che va avanti e indietro da un tetto alla torre campanaria, ci ricordano che l’8 maggio 1213, in una stanza con soffitto a cassettoni di Palazzo Nardini, di fronte alla pieve, San Francesco ebbe in dono dal conte Orlando Cattani di Chiusi il monte della Verna, dove poi avrebbe ricevuto le stimmate. Il conte rimase impressionato dalla predica che Francesco, di passaggio nel Montefeltro per uno dei suoi viaggi, aveva fatto, e lo ricompensò per questo. Francesco fondò qui il convento di Sant’Igne, che conserva un pezzo del tronco dell’olmo sotto il quale il santo predicò. Così almeno dice la tradizione. Noi ci crediamo. Così come crediamo sia bello per voi ascoltare un brano composto da Secondo Casadei nel 1928: un altro omaggio alla Romagna in cui ci troviamo.
Orchestra Grande Evento: Alla Fiora (di Secondo Casadei, 1928).